Milano, 1970: il delitto di Via Plinio

Il caso Guillermaz: cronaca di un delitto milanese tra usura, sospetti e una verità mai emersa

Questa vicenda ebbe inizio a Milano, in un elegante palazzo in stile liberty dei primi del Novecento, situato in via Plinio 33, nel cuore del quartiere Porta Venezia. Qui, al quarto piano, abitava Augusto Guillermaz, un pensionato di 69 anni. Sebbene fosse in pensione da tempo, continuava a lavorare come rappresentante di articoli per studi dentistici, vendendo protesi dentarie e piccole punte per trapani. Ogni mattina usciva per il suo giro di clienti, recandosi spesso anche fuori Milano, in particolare a Lecco, che raggiungeva in treno.
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La vita solitaria e misteriosa

Augusto Guillermaz era un uomo solitario, schivo e considerato da tutti come un tipo strano. Portava gli occhiali da vista a causa di una forte miopia e aveva un viso anonimo. Fino a tre anni prima del 1970, aveva vissuto con il fratello Giorgio; dopo la morte di quest'ultimo, era rimasto solo. Aveva un altro fratello, Gustav, in Francia, con il quale non aveva rapporti da decenni. Augusto possedeva la cittadinanza francese per via delle origini paterne. Era molto diffidente e non frequentava nessuno; incontrava raramente il figlio di suo fratello, il nipote Lorenzo, di 44 anni, che viveva con la moglie e un figlio in via Medardo Rosso, zona Farini.
Nonostante le sue lamentele continue e il suo sostenere di essere povero e solo come un cane, l'uomo era tutt'altro che indigente. Aveva una buona pensione, possedeva buoni risparmi in banca e continuava a lavorare con successo, vendendo i suoi articoli a molti dentisti milanesi e della Brianza. Soffriva di manie di persecuzione, sentendosi spesso minacciato e vedendo nemici ovunque. Nel 1965, era stato ricoverato in un istituto psichiatrico, e il nipote Lorenzo era diventato suo tutore legale. Spesso veniva sentito urlare o parlare da solo dalla vicina, Margherita Cattaneo.
La sua profonda solitudine lo aveva spinto a mettersi in contatto con l'associazione Telefono Amico, con la quale si confidava durante le lunghe giornate. Si era aperto in particolare con due giovani volontari, il dottor Fabrizio Discacciati, trentenne, e sua moglie, che avevano preso a cuore la sua situazione.
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Quel strano sabato pomeriggio

La sera di giovedì 15 gennaio 1970, Fabrizio Discacciati aveva telefonato ad Augusto per accertarsi delle sue condizioni di salute, poiché l'uomo si stava riprendendo da una brutta influenza. Quella sera, Augusto aveva detto a Fabrizio di dovergli parlare di qualcosa di urgente: "Ho bisogno urgente di parlarti, vieni a trovarmi e porta anche tua moglie". Nonostante l'insistenza di Augusto, Fabrizio e la moglie avevano impegni per tutto il weekend e avevano rimandato l'appuntamento al lunedì successivo,
Il pomeriggio di sabato 17 gennaio 1970, intorno alle 17:30, la signora Margherita Cattaneo, di 42 anni, stava tornando a casa dopo aver fatto la spesa e incontrò Augusto Guillermaz sulle scale. L'uomo le fece i complimenti per essere sempre vestita bene. Una volta sul pianerottolo del quarto piano, ognuno era entrato nel proprio appartamento. Quella sera, Augusto aveva un invito a cena dal nipote Lorenzo.
Intorno alle 17:30, Margherita Cattaneo si era tolta il cappotto, aveva appoggiato la borsa della spesa sul tavolo della cucina, si era preparata un caffè e aveva acceso il televisore per vedere lo spettacolo della Tv dei ragazzi. Tra le 17:45 e le 18:45, aveva sentito il signor Augusto gridare "Non mi strozzare, non mi strozzare! Perdonami!". Subito dopo, aveva sentito un rumore come se la cornetta del telefono fosse stata abbassata con forza. Aveva pensato che avesse litigato con qualcuno al telefono. Poi c'era stato un tonfo, come di qualcosa che cadeva sul pavimento. Si era alzata e aveva messo un orecchio sulla parete divisoria, udendo nuovamente qualcuno riattaccare il telefono con forza. Non aveva dato molto peso alla faccenda, sapendo che Guillermaz era un tipo strano e che era anche stato ricoverato in manicomio. Pochi minuti dopo, aveva sentito la porta del vicino aprirsi e aveva pensato che "quel pazzo" fosse uscito.
In realtà, si trattava sicuramente dell'assassino che era uscito indisturbato, passando tranquillamente davanti alla portineria che in quel momento era vuota. La portinaia, la signora Rosa Ribello, quel giorno era molto indaffarata a causa di un guasto alla caldaia. Per occuparsene, si spostava continuamente tra la guardiola e la cantina, lasciando spesso incustodita la portineria. Pur avendo dichiarato di non aver visto nessuno salire o scendere, in realtà non poteva aver controllato con continuità, proprio perché assente per lunghi momenti.
La sera di sabato 17 gennaio, Fabrizio Discacciati aveva telefonato ad Augusto, ma nessuno aveva risposto. Intanto, Lorenzo Guillermaz e la moglie aspettavano lo zio a cena, ma Augusto tardava e non rispondeva al telefono. Il nipote non si era preoccupato eccessivamente, dato che lo zio era molto stravagante e aveva già dimenticato appuntamenti in passato, come a Natale.
Il telefono nella casa di Augusto aveva continuato a suonare a vuoto la domenica mattina e pomeriggio. Fabrizio Discacciati, ripensando alle parole di Augusto e alla sua insistenza, aveva iniziato a preoccuparsi. Aveva deciso di telefonare ai vicini per chiedere loro di bussare alla porta del signor Guillermaz e verificare che stesse bene.
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La scoperta del corpo

Intorno alle 9:00 del mattino di domenica 18 gennaio 1970, il signor Nazzareno Contestabile e la moglie Margherita erano saliti al quarto piano. Si erano accorti subito che la porta di Augusto era accostata, non perfettamente chiusa. Avevano suonato al campanello, bussato, e infine spinto la porta ed erano entrati, chiamando ad alta voce il proprietario. Non aveva risposto nessuno. La casa era immersa nel buio. Nazzareno aveva fatto appena pochi passi quando accese la luce. Proprio in quel momento, sua moglie Margherita iniziò a urlare. Per terra, davanti a loro, c'era il corpo del signor Augusto, Riverso sul pavimento. La testa era completamente spaccata da colpi violentissimi. L'uomo giaceva in una pozza di sangue, e schizzi si trovavano sulle pareti, sul pavimento della vicina camera da letto, e persino sui piccoli quadri appesi a quasi due metri di altezza. Secondo una successiva testimonianza di Margherita Cattaneo, l’assassino aveva stranamente ricomposto il corpo: era stato trovato a terra, con le braccia incrociate e un rosario tra le mani, un dettaglio che all’epoca non era stato riportato dalla stampa.
I coniugi Contestabile, comprensibilmente sconvolti, erano scesi dalle scale per correre dalla portinaia, Rosa Ribello, dicendole di chiamare la polizia perché qualcuno aveva ucciso Augusto. In pochi minuti erano arrivati il capo della Sezione Omicidi della Mobile, dottor Antonino Orlando, i Carabinieri del nucleo investigativo, la Polizia Scientifica e i medici legali. Poco dopo era giunto anche il sostituto procuratore della repubblica, il dottor Emilio Alessandrini.
Dai primi esami e dal sopralluogo era emerso che il signor Augusto Guillermaz era stato ucciso da diverse ore, probabilmente il sabato pomeriggio. L'assassino aveva agito con estrema ferocia. L'uomo era stato colpito a tradimento, poiché non c'erano ferite da difesa sul suo corpo. L'arma usata per colpirlo doveva essere stata una scure o una mannaia da macellaio. Gli erano stati inferti almeno cinque colpi, ma secondo i referti dell'autopsia successiva, Guillermaz era stato ucciso con 15 colpi.
Guillermaz era vestito elegantemente e nella tasca dei pantaloni erano state ritrovate 103.000 lire. In casa venne trovata una scure, ma non era l'arma del delitto; risultava vecchia, impolverata e arrugginita. Le tracce di sangue furono trovate giù sino al primo piano, lungo le scale, indicando che l'assassino si era allontanato in fretta. Nel bagno fu trovato un asciugamano zuppo di sangue, che si ipotizzò fosse stato usato dall'assassino per pulirsi dopo il delitto. In camera da letto venne trovata l'impronta di una scarpa insanguinata.

Le indagini

La casa fu sottoposta a perquisizione. Nonostante le apparenze iniziali, si scoprì che non mancava nulla di valore in contanti, il che sembrò escludere l'omicidio a scopo di rapina. In casa vennero trovati diversi documenti importanti, tra cui biglietti ferroviari per Lecco, un'agenda telefonica, contanti, cambiali in bianco, libretti di risparmio e assegni.
L'indagine fu affidata al dirigente della Mobile, dottor Enzo Caracciolo. Nei giorni successivi alla scoperta, furono interrogati i vicini e i negozianti di via Plinio. Molti descrissero Guillermaz come un uomo solitario, che si lamentava continuamente e si diceva povero. Un ristoratore del quartiere, dove Augusto andava spesso a mangiare da solo, lo confermò, aggiungendo che era un cliente difficile, che voleva sempre lo sconto, si lamentava del cibo e infastidiva i vicini di tavolo con argomenti sconci o macabri, tanto che era stato "bandito" da diversi locali.
Dalle testimonianze e dai documenti trovati emerse un quadro diverso della situazione finanziaria di Guillermaz. Non solo in casa furono trovati contanti, libretti di risparmio, assegni e cambiali, ma anche le chiavi di una cassetta di sicurezza in banca. In due conti correnti che aveva in due banche del centro furono trovati l’equivalente di oltre 150.000 euro odierni. Nella cassetta di sicurezza furono ritrovati Buoni del Tesoro e Titoli vari per altri 500.000 euro odierni. L'ex ginnasta olimpionico Luigi Aldi, unica persona con cui Guillermaz scambiava ogni tanto qualche parola per strada, raccontò che il lavoro di rappresentante era solo una copertura per un'attività più lucrosa.
Questa enorme disponibilità di denaro, insieme alle cambiali e all'agenda con oltre mille nominativi e numeri di telefono, portarono gli inquirenti, tra cui il procuratore Alessandrini, a convincersi che Augusto Guillermaz fosse in realtà un usuraio e che tutte le scene di miseria fossero un paravento per nascondere questa attività lucrosissima. La brutalità dell'omicidio, 15 colpi inferti con una mannaia da macellaio, fu interpretata come segno di un profondo odio contro la vittima.
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L'agenda divenne una pista fondamentale per le indagini, dal momento che sicuramente conteneva i potenziali nomi delle vittime dei prestiti usurari di Guillermaz. I poliziotti e il procuratore Alessandrini analizzarono uno per uno tutti i nomi dell'agenda e quelli presenti nelle cambiali, cercando qualcuno che potesse aver avuto un forte movente.
Una valigetta trovata in casa di Guillermaz, contenente libretti di risparmio, titoli e cambiali, presentava tracce di sangue. L'assassino vi aveva frugato dentro alla ricerca di qualcosa? Questo, insieme al fatto che le 103.000 lire in tasca alla vittima e gli altri contanti e valori erano stati lasciati, confermava che l'omicida non mirava al denaro in generale, ma cercava qualcosa di più specifico. L'ipotesi emersa fu che l'assassino avesse cercato e portato via una cambiale legata a un debito, frugando con calma e senza lasciare tracce di disordine.
Considerando la diffidenza di Guillermaz, ritenuto molto sospettoso, era certo che l’uomo non avrebbe mai aperto la porta a uno sconosciuto. L'omicida doveva quindi essere qualcuno che la vittima conosceva e di cui si fidava.
Il 24 gennaio 1970, quattro giorni dopo la scoperta del cadavere, la Polizia fermò un uomo sospettato di essere l'assassino di via Plinio. Era un insospettabile camionista, sposato con due figli piccoli, che si sarebbe incontrato più volte con Guillermaz per ottenere del denaro in prestito. Si diceva che il suo nome fosse emerso dalle cambiali e dai documenti trovati in casa della vittima. Per queste somme ricevute in prestito, avrebbe dovuto pagare alti interessi. Tuttavia, il camionista fornì un alibi di ferro e venne quasi immediatamente rilasciato.
Le indagini proseguirono per mesi, ma senza alcun risultato concreto. Non fu trovato nessuno tra le persone nell'agenda o nelle cambiali che potesse essere collegato all'omicidio.
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La misteriosa fuga della vicina

Nel frattempo, nel condominio di via Plinio 33, le cose erano andate avanti. La signora Margherita Cattaneo, la moglie del Contestabile, incontrò più volte un'altra vicina, Assunta Innocenti, che abitava nel palazzo. Pochi giorni dopo il delitto, l'Innocenti disse a Margherita una frase strana: "Anche da morto ci fa paura quel verme". La signora Margherita rimase stranita, ma non le diede peso, dato che la polizia ricercava un uomo come autore del delitto. La signora Assunta aveva sempre definito il signor Augusto "un verme".
Qualche settimana dopo, Margherita incontrò Assunta sulle scale. Assunta stava scendendo con una grossa valigia verso la strada. Disse a Margherita: "Sarà meglio che per un po' non mi faccia più vedere a Milano. Starò via per un bel po', ma le scriverò". Poi salutò, salì su un taxi e "sparì". La casa degli Innocenti rimase chiusa per sempre. Margherita e il marito pensarono per un po' se fosse il caso di riferire tutto alla polizia, ma alla fine lasciarono perdere. D'altronde, Assunta Innocenti era stata interrogata, come tutti i vicini, e aveva esibito un alibi "granitico": lei e il marito, Otello Innocenti, erano usciti tutto il pomeriggio di quel sabato ed erano tornati solo alle 20:30.
Le indagini si arenarono fino ai primi giorni di luglio del 1971. In quel periodo, in Procura, arrivò una lettera anonima, spedita da Intra, in cui veniva confessato il delitto del Guillermaz. La cartolina era firmata "un camionista", ma la grafia era femminile. Secondo la polizia, quella lettera poteva essere un tentativo di sviare le indagini o un modo per liberarsi la coscienza, o entrambe le cose. La lettera diceva: "Sono stato costretto ad ucciderlo. Ma da quel momento non riesco più a vivere. L'avevo supplicato piangendo di concedermi una dilazione. Quando ho compreso che il suo rifiuto era definitivo l'ho colpito più volte con una grossa chiave inglese".
Negli stessi giorni dell'estate 1971, anche nel condominio di via Plinio 33, molti iniziarono a dimenticare l'accaduto. La casa del Guillermaz venne venduta a una coppia di immigrati, molti inquilini cambiarono casa. Solo i coniugi Contestabile si ricordavano la vicenda.
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Il misterioso suicidio

Nell'agosto del 1971, la signora Margherita ricevette finalmente una cartolina da Assunta Innocenti, proprio come le aveva detto. La cartolina era stata spedita da Intra, sul Lago Maggiore, dove gli Innocenti avevano una casa di vacanza. Lo stesso giorno, però, giunse improvvisamente la notizia che la signora Innocenti si era suicidata. Si era lanciata da una scarpata lungo le ripide sponde piemontesi del Lago Maggiore. Era uscita di casa in vestaglia e pantofole. Nelle tasche del cadavere, ripescato sul fondo della scarpata, fu trovato un biglietto con scritto: "La coscienza mi ha suggerito di uccidermi".
Il marito, Otello Innocenti, si trovava quel giorno a Milano, appena sceso in città per ritirare la pensione. Interrogato, disse che era impossibile che la donna si fosse suicidata. Sostenne che probabilmente si era sentita male, aveva avuto un collasso o un malore a causa dei suoi problemi cardiaci (era gravemente malata di cuore e aveva avuto un infarto, che l’aveva costretta a rimanere a letto per tre mesi) ed era caduta accidentalmente dal dirupo. Ribadì ancora una volta l'alibi per il giorno del delitto, sostenendo che lui e la moglie erano usciti nel primo pomeriggio ed erano rientrati soltanto alle 20:30. Non poteva essere stata sua moglie, una donna anziana e malata di cuore, ad ammazzare Augusto in quel modo, con il cranio fracassato. Disse che non credeva alla colpevolezza della moglie. Sui giornali dell'epoca, non esistono dichiarazioni dell'uomo a proposito del biglietto lasciato dalla moglie.
Dopo il sucidio, la Polizia aveva iniziato ad investigare su Assunta Innocenti, ma l'alibi fornito dal marito pareva "granitico". Inizialmente, nemmeno la polizia aveva dato peso al biglietto. Il delitto Guillermaz rimase irrisolto e la pratica investigativa fu accantonata.
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La presunta svolta

Passarono cinque anni. Nel luglio del 1975, grazie forse a una soffiata arrivata alla polizia, i quotidiani tornarono sul caso. I giornali uscirono con la foto di Assunta Innocenti in prima pagina, collegando il suo suicidio all'omicidio di Guillermaz. Si tornava a parlare della strana morte di Assunta. La signora Margherita Cattaneo, sentita da alcuni giornalisti, disse che "lei aveva sempre pensato che l'Innocenti fosse responsabile". Raccontò ai cronisti di essere rimasta colpita dal modo in cui il corpo era stato stranamente ricomposto, con le braccia a croce e il rosario tra le mani, un particolare che ai tempi non era emerso sui giornali. Questo le aveva fatto pensare subito ad una donna. Disse di averlo detto al giudice Alessandrini, ma di non essere stata ascoltata. Ricordò l'episodio in cui Assunta le aveva detto "Anche da morto ci fa paura quel verme" e quello in cui Assunta le aveva detto che sarebbe stato meglio non farsi vedere a Milano per un po' e che sarebbe stata via. Infine disse di aver sempre sospettato che si trattasse di una questione di denaro, forse un prestito che Assunta non riusciva a restituire, e raccontò lo shock provato nell'apprendere del suo suicidio, poche ore dopo che le aveva scritto la cartolina.
Le parole di Margherita Cattaneo e l'interesse mediatico trasformarono rapidamente Assunta Innocenti, una donna di 57 anni, gravemente malata di cuore, depressa e con problemi mentali, nella "feroce assassina" del Guillermaz. I quotidiani diedero grande risalto alla notizia, mettendo la foto di Assunta in prima pagina, e per ventiquattr'ore il "Caso dell'Usuraio" fu considerato finalmente risolto, identificando in Assunta Innocenti l'autrice dell'efferato delitto.
Il giorno successivo, tuttavia, ci fu un nuovo colpo di scena. In una pagina interna della cronaca locale, i giornalisti scrissero che la Procura escludeva categoricamente qualsiasi legame tra il suicidio Innocenti e l'omicidio Guillermaz. Il 13 luglio del 1975, i giornali pubblicarono una smentita: la signora Assunta Innocenti non era l'assassina di via Plinio.
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L’archiviazione definitiva

Da quel momento, la pratica sull'omicidio dell'usuraio venne archiviata definitivamente. Il nome del colpevole ad oggi è ignoto. La pista su Assunta Innocenti, come traccia per risolvere il delitto, era risultata sbagliata. Il mistero dell'omicidio di via Plinio, nonostante i tentativi e le ipotesi, non è mai stato risolto.
Il giovane sostituto procuratore Emilio Alessandrini, che aveva seguito il caso nei primi anni Settanta, divenne in seguito protagonista di importanti inchieste sugli attentati, la Strage di Piazza Fontana, Autonomia Operaia e le Brigate Rosse. Fu tragicamente assassinato il 29 gennaio 1979 a Milano da esponenti di Prima Linea.