Domani Milano si fermerà per ricordare le vittime di piazzale Loreto: sarà la volta buona per commemorare anche quelle di viale Abruzzi?

Ricostruzione AI

Due giorni prima della strage del 10 agosto 1944, un attentato partigiano in viale Abruzzi uccise sei cittadini milanesi civili: un episodio dimenticato dalla memoria ufficiale

Domani, come ogni anno, Milano si fermerà per ricordare la strage di piazzale Loreto. Era il 10 agosto 1944 quando quindici prigionieri politici furono fucilati e lasciati esposti per ore sotto il sole, per ordine delle autorità nazifasciste, in rappresaglia contro un attentato avvenuto due giorni prima. Un atto crudele e calcolato, che colpì profondamente la città e divenne uno dei simboli più noti della violenza della Seconda guerra mondiale in Italia.

Ma se la memoria di piazzale Loreto è viva e radicata, molto meno si parla di ciò che accadde l’8 agosto 1944 in viale Abruzzi. Quel giorno, un camion militare tedesco, parcheggiato lungo la strada, fu colpito da due ordigni esplosivi. L’esplosione non uccise il conducente tedesco — che dormiva in cabina — ma provocò la morte di sei civili milanesi e il ferimento di altri undici passanti. Nessuna vittima era armata, nessuno stava combattendo: erano cittadini comuni, colti in pieno da un’azione attribuita ai GAP, i Gruppi di Azione Patriottica legati alla Resistenza comunista.

Il contesto storico è complesso. L’Italia viveva una fase drammatica: il Nord sotto occupazione tedesca, la guerra civile tra Repubblica Sociale Italiana e forze partigiane, le città bersaglio di azioni di sabotaggio e durissime rappresaglie. La strage di viale Abruzzi fu l’innesco diretto per la rappresaglia di piazzale Loreto. Tuttavia, mentre i fucilati del 10 agosto sono ricordati ogni anno con cerimonie ufficiali, lapidi e discorsi pubblici, le vittime civili dell’8 agosto non trovano spazio nelle commemorazioni.

E qui nasce la domanda, inevitabile e scomoda: perché si onorano sempre i caduti di piazzale Loreto e mai quelli di viale Abruzzi? Forse perché, in questo caso, i responsabili non furono i tedeschi o i fascisti, ma partigiani comunisti? La memoria, quando selettiva, rischia di diventare strumento di propaganda più che un atto di verità storica. Ricordare tutte le vittime, senza distinzione di parte, sarebbe un segno di maturità storica e di rispetto per la vita umana. Sarà la volta buona?
Giulio Carnevale